L'invenzione del Sabba - La vera origine delle feste delle Streghe
- Vivian Redleaf
- 31 lug 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 24 ott 2023

Il Sabba delle Streghe, così come ci è stato tramandato dalla tradizione scritta e iconografica, è un’invenzione relativamente recente.
La parola Sabba inizia ad essere utilizzato nel XVI secolo d.C. da parte del clero cattolico e protestante che, proprio sull’identificazione della donna come fonte di ogni male, trovarono l’unico terreno di intesa.
Con essa, si indicavano i convegni notturni delle donne che volavano nei boschi per incontrarsi con il diavolo e unirsi carnalmente con lui.
Il termine era stato mutuato dallo Shabat, festività ebraica dedicata al riposto.
A seguito dell’antisemitismo che si era diffuso a partire dal Medioevo, venne spogliata del suo significato originario e trasformata in sinonimo di culto blasfemo, collegandosi al mito oscuro delle Pasque di Sangue, durante il quale si credeva che gli ebrei sacrificassero infanti per le loro cerimonie (fatto smentito in via definitiva dal Vaticano nel XX secolo).
Nel XV secolo, il clima di fanatismo religioso e di intolleranza nei confronti degli eretici e di profonda misoginia verso le donne, alimentato da demonologi quali Sprenger e Kramer (autori del famigerato Malleus Maleficarum), Martin Delrio, Pico della Mirandola e Jean Bodin, mise al centro delle loro persecuzioni qualsiasi forma di aggregazione che non fosse esplicitamente autorizzata dalla Chiesa e rivolta a pratiche religiose ammesse.
Le donne che si ritrovavano nei boschi per celebrare qualche festività, o semplicemente per stare insieme, finirono presto in questo tritacarne di pregiudizio e, proprio grazie alla fantasia perversa e alla misoginia dei demonologi di cui sopra, che fecero da cassa di risonanza a una rinnovato terrore per il demonio comune a Cattolici e Protestanti, ecco che i loro incontro innocui vennero trasformati in consessi dove stringevano patti osceni con il demonio e gli sacrificavano bambini.
Il resto, purtroppo, è storia.
In realtà, la tradizione di riunirsi nei campi o nei boschi e celebrare determinate fasi della vita è antica come l’uomo e non ha nulla a che vedere con atti di stregoneria né con incontri con divinità maligne di nessun tipo.
Le antiche società agrarie, che basavano le loro attività seguendo l’alternarsi delle stagioni e dovevano la loro sopravvivenza alla generosità della Terra, avevano individuato dei momenti passaggio che regolavano il lavoro agricolo, segnavano la fine di un’attività e l’inizio di un’altra ed erano strettamente connessi al ciclo delle stagioni e della vita stessa: nascita, crescita, declino, morte, non intesa come fine ma come sostrato per un nuovo inizio.
A questi momenti venivano dedicati rituali il cui scopo era di ringraziare per il raccolto effettuato e propiziarla per quello a venire.
Così come usavano celebrare i periodi di inattività come occasioni di riposo e introspezione, in attesa di poter riprendere il lavoro nei campi, in un ciclo continuo che riprendeva quello della vita delle piante: semina, riposo, germinazione, sviluppo, produzione dei frutti, morte e nuovo inizio.
Come attesta il ritrovamento di una stele a Coligny, risalente al II se. D.C., già i Celti seguivano un calendario di festività basate sui cicli stagionali che divideva l’anno in “semestre oscuro”, che iniziava il 31 di ottobre con Trinuxtion Samoni (conosciuto come Samonios e, successivamente, Samhain) e terminava il 30 di aprile quando, con Beltain, prendeva il via il “semestre luminoso”.
Durante il semestre oscuro, tutte le attività erano sospese ma, nei lunghi periodi di inoperosità, non mancavano i momenti di aggregazione intorno al fuoco, per scambiarsi consigli e doni, condividere il cibo e onorare i defunti.
Con Beltain (o Beltane, dall’antico irlandese «Beletene», grande fuoco luminoso), i falò che illuminavano le colline annunciavano il ritorno della luce e la ripresa del lavoro nei campi.
A metà dei due semestri, si collocavano altre due festività importanti: quella dedicata al risveglio della natura (Imbolc, o Oimelc, a cavallo fra la fine di febbraio e l’inizio di marzo) e quella dedicata al primo raccolto del grano (Lughnasad/Lammas, celebrata in genere al primo di agosto).
Celebrazioni di questo tipo si ritrovano un po’ in tutto il mondo antico. Ad esempio, a Roma, con i Lupercalia, si rendeva onore al dio della fertilità mentre durante il Mundus Cereris si propiziava la comunicazione fra mondo dei vivi e dei morti (come durate il Samhain celtico) e, durante i Saturnali, a dicembre, invece si rendeva onore alle divinità ctonie che, per tutto il periodo invernale, avrebbero vagato sulla terra. Per placarle e invitarle a favorire il raccolto una volta tornate nell’aldilà, venivano offerti doni e sacrifici.
Queste cerimonie, di chiaro stampo pagano, volte a ingraziarsi la benevolenza della Terra e delle divinità che governavano il cielo e gli inferi, sopravvissero a lungo anche in epoca cristiana, dal momento che la Chiesa le considerava innocue e, in un certo, senso necessarie per mantenere la tranquillità fra le numerosissime comunità che vivevano nei villaggi.
I tentativi di accorparle ad altre festività di stampo cristiano, come, ad esempio, Imbolc nella festa della Candelora, Samhain in quella di Ognissanti, Oestara con Paqua, funzionò solo a metà perché il significato profondo di questi momenti di passaggio era troppo radicato per essere spazzato via.
Intorno agli anni ’50 del secolo precedente, le religioni neopagane, in particolare la wicca, hanno ripreso le quattro festività celtiche stagionali di Samhan, Imbolc, Beltane e Lughnasas e le hanno integrate quattro festività minori - Yule, Oestara, Litha e Mabon - basate sui cicli astronomici di solstizi ed equinozi.
Nasce così la Ruota dell’Anno, conosciuta anche come “calendario delle Streghe” che, attraverso le otto festività, o sabba, citate sopra, celebra lo scorrere delle stagioni e della vita

Del loro significato, antico e moderno, parleremo approfonditamente su queste pagine.




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