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In viaggio con le Streghe - Val Fabiòlo e Sostila

  • Immagine del redattore: Vivian Redleaf
    Vivian Redleaf
  • 12 set 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 13 set 2023


La Val Fabiòlo, piccola vallata della media Valtellina che da Forcola risale fino a Tartano, conserva ancora intatta la sua bellezza selvaggia e misteriosa, terreno fertile per numerose leggende. Leggende che nascono sul confine fra mondo reale e quello della fantasia, suggerite dalle ombre dei boschi, dagli echi delle gole, dal risuonare di passi lontani sulla mulattiera che risale le ripide dorsali, dagli insegnamenti di una vita semplice e dura, dove l’irrazionale doveva in qualche modo trovare spiegazione.



Si dice sia abitata da esseri magici e mostruosi. Spiriti delle vittime di antiche frane che eseguono danze macabre, cani misteriosi che bloccano la strada e se ne vanno solo se minacciati da un bastone, processioni di incappucciati che spariscono nel nulla, il suono inquietante di un campanello che insegue i viaggiatori, un diavolo burlone e dispettoso e, sul versante selvaggio della Motta, perfino un basalèsk, un basilisco, animale mitologico che terrorizzava viandanti ed abitanti, fino a che, nel 1893, non fu scacciato da un coraggioso cardinale dalle origini umili.



Naturalmente non mancano loro, le Streghe, che eleggevano quei luoghi impervi e ombrosi per il loro incontri con il Maligno o per ammaliare giovani sprovveduti. Luoghi come la piana Crap del Mezzodì, ripida e a strapiombo, o i boschi del Culmine di Dazio e, soprattutto, il borgo di Sostìla erano scenari ideali per l’apparizione delle maliarde.


Una storia, narrata niente meno che dal più famoso filologo e linguista della zona, Pio Rajna, racconta di un oste, tale Costante Mainetti, che si era trovato in più di un’occasione a discorrere con una donna misteriosa mentre si riscaldava al focolare. Tempo dopo, dovendosi recare ad Ardenno a fare scorta di vino, si trovò a percorrere un tratto di valle prima che facesse alba, ma, non conoscendo la zona, finì per perdersi. A un certo punto gli si parò davanti la donna misteriosa, che cominciò a provocarlo, bloccandogli il passo e tentando di disorientarlo. Per fortuna, arrivati a un tratto del cammino, la donna prese la strada per Sostìla e il povero Costante poté proseguire per la sua strada. Ma, appena ripreso il cammino, si fermò, bloccato dai versi disumani di cani che si azzuffavano. Quando si voltò, vide che, in effetti, dal nulla erano sbucati tre cani che litigavano ferocemente. Si convinse che la donna era una strega, che aveva tentato di irretirlo, e rimase con questa sensazione a lungo anche una volta giunto a destinazione. A un certo punto, senza capire come, si ritrovò caduto a terra ma, appena si rialzò, sentì che la malìa era cessata ed era di nuovo libero.

Come commenta lo stesso Rajna, Mainetti era un uomo non molto perspicace, vittima di una malattia che lo avrebbe portato via a breve e che provocava allucinazioni; e la donna, sempre che fosse esistita, probabilmente una povera malata di mente. Per fortuna, conclude, gli eventi narratigli dal Mainetti avvennero in un periodo in cui la Caccia alle Streghe era terminata, altrimenti qualcuno avrebbe dato credito alle allucinazioni dell’uomo e per la donna non ci sarebbe stato scampo.



Valtellina, Valchiavenna e Val Poschiavo furono infatti devastate da una Caccia alle Streghe violenta e spietata, che portò al processo e alla condanna a morte di un numero impressionante di donne.


Come scrive Vittorio Spinetti nel saggio “Le Streghe in Valtellina”

Sorpassando su molteplici altre cause che cooperano a tener viva per sì lungo tempo la persecuzione contro le streghe nella valle, sorpassando pure sui mezzi di cui disponevano autorità ecclesiastiche e civili, dirò che l’ambiente stesso fisicamente era adatto più che mai ad accettare e mantenere le varie credenze sulla stregoneria.”

Bastava quindi un raccolto andato a male, una mucca che non produceva più latte o un periodo di siccità o di cattivo tempo per cercare subito un capro espiatorio. E chi meglio delle Streghe?


Altre due figure inquietanti delle leggende valtellinesi sono la Signora in Nero e la Signorina in Rosso. La prima è una donna alta e sottile, che appare ai viandanti, ma è sufficiente cederle il passo perché la signora se ne vada per la sua strada. Più pericolosa è la l’apparizione di una giovane donna con abito, scarpe e ombrello rosso, che compare in luoghi imprevisti e ammalia i giovani sprovveduti, i quali, incantati dal suo fascino, la seguono fino all’orlo di un dirupo, nel quale precipitano senza scampo, mentre la signorina evapora in una nuvola rossa. L’unico che riuscì a cavarsela fu un giovanotto che, proprio all’ultimo, cominciò a pregare i propri morti. “Taglia la manica”, gli suggerirono, e lui ebbe la prontezza d’animo di prendere il coltello dalla tasca e fare come consigliato. Si svegliò appena in tempo per vedere la signorina fluttuare nell’aria con il pezzo di manica recisa stretto nella mano.

L’intento ammonitore ai giovanotti dell’epoca di non fidarsi delle fanciulle troppo disinibite o appariscenti è più che evidente.



Ma il racconto più affascinante è quello delle Strie dell’Era, frazione del borgo di Sostìla, conosciuto anche come “il paese delle Streghe”.

Abbarbicata letteralmente sul dorso occidentale della Val Fabiòlo, nella Bassa Valtellina, Sostìla si raggiunge solo a piedi: o seguendo la storica mulattiera che da Sirta attraversa la valle, oppure prendendo il ripido sentiero che parte dalla provinciale 11 della Val Tartano, di fronte allo “slargo della Madonnina”.

La leggenda vuole che un tempo, nella frazione Era, vivessero una madre con tre figlie molto belle. Conducevano una vita schiva, senza partecipare alla attività comuni e nemmeno alla Messa.


Queste tre fanciulle erano corteggiate da un giovane contadino, che, incurante delle maldicenze sulla strana famiglia, aveva ottenuto il permesso dalla madre di passare il tempo in loro compagnia. Interessato alla più giovane delle figlie, il ragazzo le corteggiava però tutte e tre, in modo da avere un ripiego in caso di rifiuto da parte della sua prima scelta.

Le visite erano costanti e il giovane era sempre il benvenuto. Sempre, tranne il giovedì. Se si presentava in quel giorno, o non trovava nessuno in casa, o capiva che le donne c’erano ma si tenevano nascoste da lui.



Incuriosito da questa strana circostanza, un giovedì pomeriggio d’inverno, quando il lavoro nei campi era scarso e il tempo libero tanto, si appostò vicino a una finestra per spiarle. La sua sorprese fu grande quando finalmente le vide comparire nel salotto, in preda a un’agitazione fuori dal comune. E si trasformò in angoscia vera e propria quando si accorse che, come se nulla fosse, le donne si svitavano la testa dal corpo e la posavano su una mano, mentre l’altra spazzolava e acconciava i capelli, sotto lo sguardo attento della testa staccata. Una volta terminato il rituale, le teste vennero riavvitate, le donne si avvicinarono al camino spento e, in un lampo, sparirono attraverso la cappa.

Il giovane capì che le quattro erano Streghe e si stavano dirigendo al Sabba. Inutile dire che se la diede a gambe e non tornò più.


***




Oggi Sostìla è un borgo medievale molto ben conservato ma pressoché disabitato, che si anima un poco nel periodo estivo, in occasione della festa della Madonna della Neve.

Il fascino misterioso e selvatico è rimasto tuttavia immutato: basta camminare per le silenziose viuzze di acciottolato, sulle quali si affacciano, ammassate, le abitazioni. Quelle più antiche, conservano la struttura in pietra dei portali, con stipiti e architrave in sasso vivo; alcune portano incisioni, date, oggetti o simboli dalla chiara funzione apotropaica. Su altre sono visibili gli sbafi di fuliggine proveniente dai focolari o, come sostiene qualcuno, dal passaggio di qualche diavolo.



Alle abitazioni più antiche, si affiancano quelle di origine settecentesca, molto ben conservate, con i caratteristici tetti in pioda e i ballatoi in legno. Il fulcro è la chiesetta della Madonna della Neve, restaurata e decorata fra il 1930 e il 1950; di fianco si trova l’ossario, decorato con un bel dipinto che rappresenta Gesù mentre beve il calice del tradimento nell’orto di Getzemani e, successivamente, fra le braccia della Madonna.


Ancora visibile la Cà de li Strii, dove si dice vivessero le donne della leggenda. È stata ristrutturata ma mantiene ancora il suo fascino, specialmente quando il vento fa risuonare le campanelle tubolari messe a proteggerla dagli spiriti maligni.

L’autunno e la primavera sono i momenti migliori per visitare questi luoghi: ma attenzione al sole che tramonta, con l’arrivo delle tenebre, gli spiriti del luogo tornano a impossessarsi del loro territorio e potrebbero tirare qualche scherzo poco piacevole ai turisti sprovveduti.








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